A2 M – Intervista a Vincenzo Donati, Team Manager Olympic Roma
Sei giornate alla fine di un campionato di serie A2 anche quest’anno andato avanti tra stop e rinvii. Difficilissimo negli ultimi anni capire e intuire l’andamento degli eventi. Figuratevi per chi – per ruolo – ha il compito di organizzare trasferte, liste di ingresso e molto altro. Vincenzo Donati è il team manager dell’Olympic Roma. Persona perbene, distinta, perfetta per tenere i rapporti all’interno e all’esterno della società. Spesso lavora nell’ombra: oggi gli abbiamo voluto chiedere qualcosa alla luce del sole.
Come ti trovi in questo primo anno da team manager dell’Olympic Roma? Cosa è cambiato rispetto al passato?
«Mi trovo bene. Devo confessarti che quando Mario e Luca questa estate mi proposero di iniziare la collaborazione con l’Olympic Roma, ne sono rimasto lusingato. Anche se in parte ero dispiaciuto: con la Roma 2007 Arvalia e con Enrico (Di Santo, ndr), ho trascorso anni intensi, pieni di passione e ricordi. Ma un un animo razionale e capisco che nulla è per sempre».
«Il progetto propostomi mi intrigava e costruire una nuova realtà – dopo gli anni difficili della pandemia – sarebbe stato uno stimolo maggiore. Sapevo allo stesso tempo che gli impegni sarebbero stati di gran lunga maggiori. Conosco Mario da qualche anno: l’ho avuto come avversario e successivamente in società e con lui mi trovo bene. È una persona seria, educata, competente. Un imprenditore di sé stesso e quindi con tutte la qualità e le carte in regola per fare la scelta di formare un proprio movimento, una sua società. Abbiamo imparato a conoscerci e a rispettarci e ora siamo in diretto contatto e confronto di idee quotidianamente. Lavorare con una icona della pallanuoto per me è un onore e un privilegio. Non ultimo la scelta è stata anche dettata dal fatto che volevo rimanere con “i miei ragazzi”!».
Qual è la tua settimana tipo tra impegni con la squadra e l’organizzazione degli eventi?
«Non ho una vera e propria una settimana tipo. Già la sera della partita del sabato faccio le statistiche che poi giro ai ragazzi. La domenica – grazie agli altri collaboratori che si occupano delle giovanili – la dedico alla famiglia, ma dal lunedì si comincia a lavorare e pianificare per le partite del fine settimana successivo. Sia di serie A2, sia delle giovanili: contatti con le altre società, con gli amici dirigenti, alberghi, ditte di trasporto, tipografie, gestori degli impianti… Diciamo che è uno smart working quotidiano che mi impegna diverse ore, ma per fortuna sono in pensione! Quando posso poi vado anche agli allenamenti, mi piace passare del tempo con Mario e i ragazzi».
Qual è la principale difficoltà che hai riscontrato nell’organizzazione di questa annata?
«Le difficoltà maggiori sono state l’applicazione di tutte le norme anti Covid. Il virus ha complicato non poco la pianificazione e la documentazione di ogni partita. Ad inizio campionato, dopo la pandemia ci sono stati momenti in cui ho contato fino a circa novanta, cento documenti da consegnare o da avere al seguito per ogni partita. Uno stress non indifferente, con il timore di aver dimenticato sempre qualcosa o di non avere la documentazione nell’ultimo aggiornamento. Per non parlare dell’organizzazione delle sedute di tamponi, in alcune occasioni, anche due volte a settimana, sempre con il timore di trovare qualche positivo. Da inizio mese siamo tornati al passato pre Covid e non mi sembra vero. Presentare solo le liste ed i cartellini… Quasi un sogno, mi sembra sempre di aver dimenticato qualcosa!».
Come ti sei avvicinato alla pallanuoto e cosa ti spinge a continuare a seguirla con così grande impegno?
«Mio figlio ha iniziato a giocare, poi essendo uno sportivo e avendo giocato – con scarsi risultati – a pallanuoto da giovane, il passo è stato breve. Devo ringraziare il compianto Fabio Capizzi che mi ha proposto la prima panchina con la Rari Nantes Casalpalocco. Poi Fabio Bevilacqua ed Enrico Di Santo, che mi hanno coinvolto nel progetto Roma 2007: gliene sarò sempre grato».
«Per risponderti a pieno, però, devo fare una premessa: non prendo e non ho voluto mai un compenso economico, se non il rimborso delle spese reali sostenute. Ciò che mi muove è solo la passione, la voglia di stare con i ragazzi, di conoscere e stare con persone che condividono la mia stessa passione. Non avere compenso mi consente poi di essere super partes, di poter dire la mia opinione senza remore. Naturalmente, sempre con educazione e rispetto».
Un consiglio a chi si approccia a questo sport come team manager o dirigente.
«Prima di tutto, la passione. Poi ascoltare, riflettere, non essere impulsivo ma razionale. A me piace pensare di essere un secondo padre per i miei ragazzi, uno a cui chiedere consiglio anche della vita, non solo nello sport. L’agone della partita può portarti o indurre a qualche momento fuori delle righe. In quel frangente il team manager deve essere razionale e riportare i temperamenti all’interno dei binari del buonsenso. Ecco, il buonsenso: secondo me questo è il miglior pregio che deve avere un team manager… Spero di averlo!».
Andrea Esposito
Responsabile Comunicazione Olympic Roma